Appunti di viaggio
date » 20-06-2024
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La magia del bianco e nero. O forse bisognerebbe parlare della magia di saper vedere oltre la realtà, di avere occhi non condizionati dalla routine, dal tran tran quotidiano che appiattisce tutto, che stende un velo di fitta nebbia rendendo la realtà qualcosa di indistinto, azzerandone la diversità ed i micromondi che essa racchiude.
Le opere proposte da Giulio Maletta sono apparentemente semplici, si presentano in punta di piedi, quasi a non voler disturbare l’osservatore, ma nello stesso tempo riescono a mettere in moto pensieri e riflessioni che portano lo stesso osservatore a porsi delle domande destinate di sovente a rimanere senza risposte.
Giulio si diverte con la luce piegandola al suo progetto. Non è un’operazione violenta, ma viene condotta con tanto rispetto e tanta gentilezza. Sono anche, guarda caso, le proprietà che caratterizzano l’autore.
Le forme geometriche si ripetono e si rincorrono in un fluido percorso di 12 opere, destando meraviglia ad ogni passo. I segmenti e gli archi convivono in armonia ed il tutto assume un significato che trascende la realtà.
Quello che colpisce è la capacità dimostrata da Giulio di andare diritto al cuore della realtà inquadrata, la capacità di cogliere l’essenziale estetico, il saper isolare un particolare dal contesto che tende a soffocarlo ed a disperderlo nel magma dell’indistinto.
Una struttura di metallo diventa un’opera astratta. La ripetitività delle forme ci rimanda, come dice l’autore, al senso trascendente, alla realtà che si ripete sempre uguale, ma sempre diversa. Il calpestio con mattoni di cotto diventa un modo diverso ma simile di ribadire lo stesso concetto. Una costruzione caratterizzata da linee parallele spezzate da una diagonale ci ricorda che la ripetizione deve avere un momento di rottura per dare nuova lena al vivere quotidiano. Le ombre nette danno spessore e vitalità ad un soggetto inanimato. Nella quinta tessera di questo mosaico ritorna un senso di ripetitività che questa volta porta la trascendenza del vivere, verso una meta che, però, non si riesce a distinguere in quanto è inghiottita dal buio di un’atavica incapacità di cogliere il fine ultimo della vita. Un semplice semianello che sporge dal muro ed il sole confezionano, grazie alla sensibilità di Giulio, un’immagine gradevole, un’immagine in grado di pizzicare le corde della sensibilità di ognuno. La fuga prospettica è il soggetto principale delle tessere 7, 9 e 10 e rappresenta un altro concetto ricorrente che riporta alla bellezza che deriva dall’ordine e dalla ripetizione di forme semplici, per dar luogo a qualcosa di più complesso. Lo stesso concetto estetico è ripreso nella tessera numero 8. Giulio rimanda alla tetraktis di Pitagora, alla perfezione di numero e forme, oggetto principe dell’aritmogeometria. La tetraktis consiste in un triangolo equilatero i cui lati sono lunghi quattro unità di misura per un totale di 10 unità. Un’architettura importante, con linee curve e sinuose che si rincorrono intrecciandosi fa da contraltare alla linearità caratterizzante altre tessere per ricordare che la vita non è sempre lineare, né si presenta sempre tale. Di tanto in tanto bisogna rimescolare le carte per trovare nuovi significati, nuovi stimoli e nuovi obiettivi. Il mosaico propostoci da Giulio si chiude con l’essenzialità estrema: un quadro buio con macchie di luce. È la dualità del vivere in cui qualcuno metterà in evidenza il buio dello sfondo, mentre altri saranno colpiti dalla luce delle macchie.
giovedì 20 giugno 2024 Giuseppe Perpiglia